Come menzionato nel mio post precedente, mi ero ripromesso di parlare della polemica nata da due interventi che il matematico Odifreddi ha pubblicato sul suo blog su Repubblica. A causa di questi ultimi egli è stato accusato di negazionismo, termine con cui si indicano coloro che, anche a dispetto delle prove date, negano che un particolare genocidio sia avvenuto: nel caso di Odifreddi, si parla della Shoah, ossia lo sterminio di massa perpetrato dalla Germania nazista ai danni della popolazione ebraica di diversi paesi europei.
Come si può capire dal titolo, trovo queste accuse assurde, e voglio dimostrarlo cominciando dal delineare un breve (e quindi senz'altro incompleto) profilo del personaggio pubblico Odifreddi.
Egli è un ateo, anticlericale e relativista dei più radicali. Per chi non lo sapesse, il relativismo è quella corrente filosofica che nega l'esistenza di verità assolute, e nacque con Protagora di Abdera, filosofo che sintetizza questa posizione nella sua famosa frase:
L'uomo è la misura di tutte le cose: di quelle che sono, in quanto sono, e di quelle che non sono, in quanto non sono.
Ora, a parte che sono sempre rimasto stupito dal fatto che una cittadina della provincia greca abbia dato i natali a due delle più importanti teorie che hanno trovato successo nella modernità: il relativismo, appunto, e l'atomismo di Democrito (le cose sono costituite di atomi).
Ma tornando a Odifreddi, le tre caratteristiche di cui sopra, che io mi ritrovo a condividere pur senza la sua intensità, unite purtroppo al carattere del personaggio, che mischia due spocchie in uno, quella del professore universitario e quella dell'ateo convinto che chi crede in un Dio meriti lo stesso rispetto di chi è convinto che un gatto nero porti sfortuna, contribuiscono a fare di lui una persona probabilmente antipatica, ma non un negazionista, e anzi spiegano i due post di cui sopra.
Piergiorgio Welby, morto per aver rifiutato le cure che lo tenevano in vita pur essendo malato terminale, a cui la Chiesa ha negato i funerali religiosi. |
Il primo, Priebke come Welby, non ha effettivamente un titolo felice, pur considerando la voglia del suo autore di provocare sempre e comunque. Ma se si ricorda l'anticlericalismo di Odifreddi, si capisce subito il significato di tale intervento. La Chiesa Cattolica, sette anni fa, rifiutando di dare sepoltura a Welby perché quest'ultimo scelse di fare della sua volontà di morire rifiutando le cure un caso pubblico, ha commesso un tale abominio da dare prova ancora una volta dell'infondatezza della sua pretesa di ergersi ad autorità morale che può dire a tutti come comportarsi: qualunque decisione su Priebke e sul consentire per lui un funerale religioso risulta quindi sbagliata se si considera questo precedente. Rifiutare di celebrare un rito per lui equivarrebbe a porre sullo stesso piano un malato che, in nome della propria dignità, ha semplicemente deciso di rifiutare le cure e lasciarsi morire, con un assassino della peggior specie, responsabile della strage delle Fosse Ardeatine, che ha agito in nome di una delle più aberranti ideologie che l'umanità abbia mai partorito, il nazismo; dare sepoltura a Priebke, invece, avrebbe voluto dire che la Chiesa ritiene peggiore Welby, altra posizione assolutamente non accettabile.
Nel suo secondo intervento, Stabilire la verità storica per legge, egli non condivide la decisione, da parte del Parlamento, di voler istituire il reato di negazionismo. La sua posizione è, in breve, che lo stato non ha diritto di stabilire per legge quali verità storiche siano inconfutabili, e che quindi leggi del genere non hanno diritto di esistere. Egli, facendo una graduatoria tra verità più o meno inconfutabili (da quelle logico-matematiche a quelle storiche in ordine decrescente, passando per quelle scientifiche) cita alcuni precedenti statunitensi che tentavano di stabilire per legge il valore di alcune costanti matematiche, per sottolineare la validità della sua tesi. Esempio migliore sarebbe stato il reato di "Apologia del fascismo", tutt'ora esistente in Italia, anche se ormai raramente applicato, ma probabilmente lo ha evitato di proposito.
Detto in breve, per me lo stato deve stabilire alcune verità etico-morali (Si può abortire o no? Si può rubare o no? Si può uccidere o no?) e ha diritto di farlo in quanto ente elettivo nella sua dirigenza politica, a cui il popolo delega (non cede) la sua sovranità. A chi dice che un paragone tra omicidio e negazionismo non regge perché se fosse possibile uccidere allora la nostra società collasserebbe, ricordo che gran parte delle civiltà del passato erano proprio basate sull'omicidio e sulla violenza, e che non si può ridurre il tutto a una mera questione di convenienza. Il relativismo, per quanto da me approvato, spinto a questi estremi ha conseguenze drammatiche, quando non ad alcune contraddizioni logiche. Si pensi infatti al seguente dialogo:
A: "Non esiste niente in cui credere ciecamente"
B: "Ma ne sei sicuro?"
A: "Assolutamente sì".
Resta vero che molti traguardi della nostra società (i diritti dell'infanzia, delle donne, delle minoranze) sono recenti, se confrontati con la storia delle civiltà umane, e proprio questo li rende fragili e allo stesso tempo necessari di difesa. Lo stato ha questo compito, e se non lo facesse abdicherebbe al suo compito. D'altronde, credere che le leggi non possono censurare alcuna opinione non ha senso: si pensi all'istigazione a delinquere di chi invita ad uccidere i neri. Anche in questo caso lo stato stabilisce che alcune cose non si possono affermare, e questo sempre in nome di alcuni principi che esso può stabilire in quanto democraticamente eletto. Ciò è necessario perché, a differenza di quanto diceva il grande Socrate, non è vero che chi compie del male lo fa perché non conosce il bene: la pulsione di dominio e di violenza è purtroppo innata, e su questo aveva più ragione Nietzsche.
Proprio per questo servono le leggi che determinano una base di cosa sia giusto e cosa no, sia in campo etico ma anche, purtroppo, in campo storico: vietare la difesa del fascismo (ma in realtà andrebbe fatto con tutti i regimi totalitari), il negazionismo o tutte le espressioni di odio serve a cercare di evitare di ripetere gli stessi errori fatti nel passato. Solo in una società perfetta, dove tutti gli uomini agiscono sempre razionalmente, non odiano e non discriminano, tali prescrizioni non servirebbero. Ma allora si realizzerebbe il sogno degli anarchici, e non sarebbero necessarie regole scritte e istituzioni che le fanno rispettare: un mondo meraviglioso, ma purtroppo ancora lontano.