martedì 11 marzo 2014

Obiezione di (in)coscienza

Citando la relativa voce su Wikipedia l'obiezione di coscienza è "il rifiuto di ottemperare a un dovere imposto dall'ordinamento giuridico, da parte di chi ritiene gli effetti che deriverebbero dall'ottemperanza contrari alle proprie convinzioni ideologiche, morali o religiose." Un esempio noto anche se non più attuale riguarda il servizio militare obbligatorio (ora sospeso in Italia): in questo caso era previsto che un singolo potesse rifiutarsi di adempiere a tale obbligo per le sue convinzioni pacifiste, con però il dovere di svolgere in alternativa un anno di servizio civile.
In questo post mi voglio occupare di un'altro tipo di obiezione: quella che può sollevare un medico nell'effettuare interventi di aborto.
Lo spunto mi viene da un articolo letto di recente nel quale si raccontava di una donna che voleva interrompere la propria gravidanza (procedura garantita dalla legge 194 del 1978), palleggiata tra un ospedale e l'altro in cerca di una struttura che non la respingesse perché pieno di soli obiettori di coscienza. La paziente ha poi subito altri episodi di malasanità, ma mi voglio soffermare sull'obiezione di coscienza.
La già citata legge 194 pone alcuni limiti: in particolare, all'articolo 9 stabilisce che gli ospedali "sono tenuti in ogni caso ad assicurare [...] l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti". In parole povere, non può esistere un ospedale che rifiuta una paziente perché non è dotato di medici non obiettori: anzi, qualora si realizzi questa circostanza, sempre l'articolo 9 stabilisce che "La regione ne controlla e garantisce l’attuazione [dell'interruzione volontaria di gravidanza] anche attraverso la mobilità del personale". In altri termini, se un ospedale si ritrova senza medici disposti a praticare l'aborto allora bisogna effettuare dei trasferimenti di personale per poter colmare questa lacuna.
Mappa dei medici obiettori di coscienza in Italia (Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/16/pochi-consultori-obiettori-in-aumento-e-scarsa-distribuzione-della-ru486-linchiesta/447768/)
Il guaio è che i medici obiettori di coscienza in Italia sono tantissimi, in media il 70%: in tutte le regioni italiane, con la sola eccezione della Valle d'Aosta, più del 50% si avvalgono di tale possibilità. Perché così tanti fanno questa scelta? Semplice: nelle strutture private convenzionate (in buona parte cattoliche, ossia gestiti da enti o istituti religiosi) un medico guadagna di più: perché quindi privarsi di un'allettante possibilità di carriera? Anzi, siamo al paradosso che spesso il medico comincia la propria carriera come non obiettore, perché così può entrare più facilmente in strutture che spesso ne sono prive, per poi diventarlo dopo qualche anno (possibilità prevista sempre dalla legge 194). L'effetto è quindi che un servizio che deve essere garantito per legge spesso nella realtà non lo è.
Fin qui si è parlato di legge e di disservizi. A questo punto però mi sorge una domanda brutale: ma è giusto consentire a un medico di rifiutarsi di praticare aborti? Io capisco che potesse avvalersene chi è diventato medico prima della legalizzazione dell'aborto in Italia: quando lui o lei ha cominciato la professione tale procedura non era prevista, e quindi l'aspirante dottore non si doveva porre questo problema. Ma ora? L'aborto è previsto, fa parte del mestiere, tant'è che in caso di emergenza anche un obiettore in teoria dovrebbe praticarlo. Inoltre, esistono le strutture cattoliche, in cui chi non vuole svolgere tale procedura può provare a fare carriera. A parer mio, essendo possibile a chi vuole fare il ginecologo evitare le interruzioni di gravidanza scegliendo strutture religiose, quelle pubbliche non dovrebbero prevedere l'obiezione di coscienza: vuoi lavorare nel pubblico? Allora non puoi scegliere di fare alcune cose altre no: devi fare tutte quelle previste dalla legge. Altrimenti, vai a lavorare nelle strutture religiose. Non è obbligatorio lavorare in un ospedale pubblico, e quindi non vedo perché chi fa tale scelta debba potersi rifiutare di praticare degli aborti.

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