sabato 29 marzo 2014

La musica de "La spuma e lo spritz": L'inno alla gioia

Ieri sera, come ogni venerdì sera, mi sono dato ad una "serata La7", canale che guardo sempre con grande piacere. Il venerdì comprende Crozza con il suo programma e poi Enrico Mentana, che pur di passare meno tempo possibile a casa (sarà perché la moglie è friulana, direbbe Zurota?) si inventa una trasmissione di politica il venerdì in seconda serata (orario tradizionalmente impossibile per questo genere di proposta) in cui intervista prima Grillo (la scorsa settimana) e poi invita Renzi in studio (ieri): non immagino la vita di coppia dei due...
Ma scherzi a parte, ho sentito l'esigenza di questo post perché Crozza, nella sua imitazione di Napolitano, ha scherzato sul cliché dei tedeschi privi di passione con una battuta sull'Inno alla Gioia, che oltre a essere inno dell'Unione Europea è pure un unicum musicale, essendo la prima sezione cantata mai inclusa in una sinfonia (la nona, di Beethoven). La mia reazione immediata è contenuta nel tweet che segue.
A parte gli strafalcioni di tedesco (Menschen, come tutti i sostantivi, in tedesco va con la lettera maiuscola, mentre sanfter, aggettivo, con la minuscola), ho scelto non a caso queste parole. L'inno alla gioia infatti è stato scelto come inno d'Europa per un motivo: basta leggerne il testo, che in fondo (e qui userò per l'ultima volta questo termine) rappresentano un esempio altissimo di politica. Basta considerare che in realtà Schiller, che ne è l'autore, aveva inizialmente dedicato questo inno alla libertà (Freiheit, in tedesco), per poi ripiegare sulla gioia (Freud, in tedesco), che poteva garantire una buona sostituzione anche dal punto di vista metrico e non sarebbe incorsa nelle ire della censura dell'epoca.
Ricordandosi di ciò, le sue parole, anche nella versione musicata di Beethoven, acquisiscono una nobiltà enorme. Pensiamo solo agli ultimi quattro versi della prima strofa (da me parzialmente citati nel mio tweet): 

Originale                                                                      Mia traduzione

Deine Zauber binden wieder                                     Le tue magie uniscono di nuovo

Was die Mode streng geteilt;                                    Ciò che la moda ha tenacemente diviso;
Alle Menschen werden Brüder,                                Tutti gli uomini diventano fratelli,
Wo dein sanfter Flügel weilt.                                     Laddove la tua ala soave si posa


I versi centrali sono stati modificati da Beethoven, ma il senso era quello anche nell'originale di Schiller. Ora, la libertà è qualcosa che unisce, in barba a tutte le consuetudini (la moda, nel testo originario) che ci dividono. Essa può esserci perciò solo con la fratellanza: se devo pensare a una risposta all'individualismo neoliberista oggi dominante, cosa c'è di meglio di queste parole? La libertà non è nulla se non è goduta da tutti e non è con tutti condivisa, e questo Schiller lo diceva 200 anni fa.

Originale                                                                      Mia traduzione

Freude trinken alle Wesen                                        Gioia bevono tutte le creature
An den Brüsten der Natur;                                         Dai seni della natura
Alle Guten, alle Bösen                                               Tutti i buoni, tutti i malvagi
Folgen ihrer Rosenspur.                                            Seguono il suo sentiero di rose.
Küsse gab sie uns und Reben,                                Ci ha dato baci e vigneti,
Einen Freund, geprüft im Tod;                                  E un amico provato fino alla morte.
Wollust ward dem Wurm gegeben,                          La lussuria è stata riservata al verme
Und der Cherub steht vor Gott.                                 e il Cherubino sta di fronte a Dio

Altre bellissime parole: la libertà è un frutto destinato a tutti, e che tutti perseguono naturalmente (tesi purtroppo non sempre vera, ne ho già discusso in precedenza). Attenzione però, essa non è banalmente il fare ciò che si vuole cedendo agli istinti più bassi, ma qualcosa che ci avvicina alla parte migliore di noi.

Originale                                                                      Mia traduzione
Froh, wie seine Sonnen fliegen                                Felici, come i suoi astri volano
Durch des Himmels prächt'gen Plan,                     Attraverso la sontuosa volta del cielo,
Laufet, Brüder, eure Bahn,                                        Percorrete, fratelli, la vostra via,
Freudig, wie ein Held zum Siegen.                         Gioiosi, come un eroe al trionfo.
Seid umschlungen, Millionen!                                 State abbracciati, o milioni!
Diesen Kuß der ganzen Welt!                                  Questo bacio (vada) al mondo intero!
Brüder, überm Sternenzelt                                       Fratelli, lassù nella volta celeste
Muß ein lieber Vater wohnen.                                  Deve vivere un padre amorevole.
Ihr stürzt nieder, Millionen?                                      Vi inginocchiate, o milioni?
Ahnest du den Schöpfer, Welt?                              Intuisci il tuo creatore, o mondo?
Such' ihn überm Sternenzelt!                                  Cercalo al di sopra della volta celeste!
Über Sternen muß er wohnen.                                Deve vivere sopra le stelle.

La libertà in questi versi permette di volare alti e felici, ed è tale che un dono così grande agli uomini può averlo fatto solo un Dio, e proprio questo regalo ci permette di intuirne la presenza. Per questo la libertà non è accondiscendere ai bassi istinti, ma puntare in alto e percepire così quanto di più grande e divino ci sia nel mondo. Tutta questa religiosità a me non piace, ma in fondo, non si può intendere nel senso che la libertà è ciò che ci tira fuori la parte migliore di noi? In fondo, già Kant faceva un parallelo tra il cielo stellato e la nostra legge morale.
Nella nona sinfonia infine non compare quest'ultima strofa, che però voglio riportare perché è la perfetta conclusione su cosa sia la libertà (ricordatevi, l'ode era originalmente dedicata a essa).


Originale                                                                      Mia traduzione
Freude heißt die starke Feder                                   La gioia è la molla possente
In der ewigen Natur.                                                   nell'eterna natura.
Freude, Freude treibt die Räder                                La gioia, la gioia aziona gli ingranaggi
In der großen Weltenuhr.                                           Nel grande orologio del mondo.
Blumen lockt sie aus den Keimen,                          Fa sorgere i fiori dai germogli
Sonnen aus dem Firmament,                                    Gli astri dal firmamento,
Sphären rollt sie in den Räumen,                             Muove le sfere celesti 
Die des Sehers Rohr nicht kennt. »                         che il cannocchiale non conosce.


Insomma, la libertà è ciò che anima il mondo, che lo fa andare avanti: senza di essa ciò che conosciamo non esisterebbe, è l'anelito che ci pervade e che ci va vivere.
Chi legge queste parole capisce che questo inno è tutto, tranne che algido: è una delle vette più grandi della storia dell'umanità, figurarsi poi se cantato come nel video che segue.




E per concludere con una battuta, rinnovo un concetto con un video: la libertà non è solo fare quel cavolo che ci pare.

martedì 25 marzo 2014

Le cinque stelle e i cinque buchi neri del M5S

Che siate simpatizzanti o no del Movimento 5 Stelle (da qui in poi M5S), è innegabile che la novità più dirompente degli ultimi anni siano loro. Ho parlato in varie occasioni, anche su questo blog, del M5S, ma non ho mai provato un'analisi profonda (per quanto ne sia io in grado) su di loro.
Questo post, ispirato anche da una conversazione avuta con il buon Marco Magini (qui la mia recensione del suo primo libro), vuole essere un tentativo di tracciare quelli che sono, almeno secondo me, i suoi punti di forza e di debolezza. Ho scelto di elencare 5 aspetti positivi e 5 negativi per contiguità al nome del M5S. I buchi neri sono, per chi non lo sapesse, corpi nello spazio che, a causa della loro enorme densità, assorbono tutto quello che si trova nei loro dintorni, anche la luce, e per questo li ho indicati come il contrario delle stelle, che sono facilmente associabili a qualcosa di positivo e sono emettitori di luce. Dopo questa parentesi didascalica, ecco le cinque stelle e i cinque buchi neri del M5S. Dove non diversamente specificato, i dati qui esposti sono presi da un'indagine SWG pubblicato da l'Espresso.

Le cinque stelle

Rappresentano il disagio diffuso

Quando si dice che sono solo protesta e niente proposta si tende a sottolineare un problema (di cui parlerò più avanti) reale di questo movimento, ma si sottovaluta un suo aspetto importantissimo. Perché è vero che, se non tutta, una grossa parte del disagio (per usare un eufemismo), se non si è tuffata nell'astensione, ha scelto di votare il M5S. Ad esempio, Grillo sul suo blog nel 2006 pubblicava un ebook che raccoglieva gli sfoghi di tutti coloro che lavoravano al limite dello sfruttamento, grazie anche alla liberalizzazione selvaggia del mercato del lavoro e al fiorire incontrollato di svariate tipologie di contatto. Questo per dire che il M5S è molto attento a cogliere e a interagire con le diverse forme di disperazione che oggi esistono nel nostro paese, cosa che i partiti che si definiscono di sinistra (tutti, PD incluso) oggi non riescono a fare. E per cosa erano nati i partiti di sinistra se non per rimuovere il più possibile le diseguaglianze sociali? Il risultato? Il consenso del M5S tra coloro che si sentono poveri o a rischio povertà è maggiore rispetto a quello degli altri partiti.

La forte penetrazione giovanile

Questa foto vuole essere spiritosa, vi prego
non linciatemi per essa
Una quasi immediata conseguenza della grande capacità di rapportarsi con i più disagiati della società è la forte penetrazione giovanile. Questo perché le fasce più giovani si stanno costruendo la loro vita in una condizione economica più drammatica e con minori prospettive rispetto ai loro genitori. E infatti, un terzo degli elettori del M5S ha meno di 35 anni, mentre la percentuale di popolazione italiana tra i 18 e i 34 anni corrisponde al 22% (fonte: ISTAT 2013). Di converso, il M5S raccoglie meno voti rispetto alla sua media generale tra coloro che hanno più di 50 anni. Non è solo questione di disagio però: va dato atto a Beppe Grillo di essere stato tra i primi a capire le potenzialità del web. Il suo fiuto gli ha consentito di passare dalla demolizione dei computer durante i suoi spettacoli a un blog che è tra i più letti al mondo, quando questo strumento non era ancora diffuso come oggi. E poiché la popolazione più giovane è quella che ha più familiarità con questi strumenti di comunicazione, la penetrazione al suo interno è molto alta. 

Il costo della politica

In altri luoghi ho scritto che su molte cose il M5S ci marcia (ad esempio, la questione dei rimborsi in parlamento, a cui ha rinunciato perché altrimenti, da legge 96/2012, avrebbe dovuto depositare la dichiarazione dei redditi di Grillo, vero buco nero di cui discuterò più avanti). Però, in ogni caso, quei soldi non li hanno presi, buona parte dello stipendio dei parlamentari M5S va in un fondo per le piccole e medie imprese costituito dall'allora ministro Saccomanni, anche su loro forte pressione, e operano un forte controllo sulle spese degli enti locali (l'ultimo esempio, la provincia di Bolzano).
In generale sono i più netti a parlare della necessità per la politica di dare l'esempio e ridurre le spese e i costi in un periodo di crisi, in modo da mostrare maggior credibilità quando si parla di sacrifici per la popolazione. È vero, i gesti simbolici non risolvono i problemi dell'Italia, ma è più credibile se parla di sacrifici necessari un politico che rinuncia a molti benefit o uno che vi è pervicacemente attaccato? D'altro canto il M5S è molto abile a raccogliere piccole donazioni da molte persone, secondo un modello di raccolta fondi che è quello che ha aiutato Obama nel 2008 a vincere alle presidenziali USA. Un sistema che andrebbe studiato, non per abolire completamente il finanziamento pubblico, ma per ridimensionarlo ed evitare l'influenza dei privati che possono permettersi cospicue donazioni proponendo un'alternativa efficace.

La dimensione locale

Ho scelto questo titolo e non la parola "radicamento territoriale" perché secondo me il consolidamento locale del M5S non è forte, anzi (ne discuterò più avanti).
È però vero che il M5S sostiene in maniera molto netta alcune battaglie locali, come ad esempio quella di chi non vuole la costruzione della linea ad alta velocità tra Torino e Lione.
Ma non è il solo esempio che si può fare: si pensi all'inceneritore a Parma, opposizione grazie a cui, almeno in buona parte, il M5S ha vinto alle elezioni comunali del 2011, o in generale alla forte pressione che fanno su alcuni temi come la gestione dell'acqua. Insomma, laddove c'è una battaglia locale molto forte, c'è sempre una bandiera del M5S. Detta in maniera scherzosa, ma non troppo, anche il presenzialismo è importante: non si può sempre e solo parlare di riforme e di massimi sistemi in televisione.

L'accreditamento internazionale

Concludo la mia lista di cose positive del M5S con una piccola notazione: uno come Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'economia del 2001, non scrive sul sito del PD, ma sul blog di Beppe Grillo. L'introduzione all'ebook di cui parlavo prima, ad esempio, è sua. Questo perché il M5S coglie dei temi che sono oggetto di dibattito internazionale e ne parla diffusamente, idee che altrove non sento nemmeno nominare. Certo, quanto poi riescano a convertire queste cose in proposta politica è un altro discorso, ma intanto si riconosce, almeno su alcuni punti, un respiro internazionale che spesso ad altre forze manca. 
[AGGIUNTA: 27/03/2014]: È vero che Stiglitz conosce e ha scritto pure sul blog di Grillo, ma l'affermazione di quest'ultimo secondo cui il Nobel per l'economia avrebbe scritto il programma del M5S è un falso, come si può vedere qui.

I cinque buchi neri

La retorica e la logica di guerra

Come mostra la copertina qui riportata, il M5S si sente in una guerra, solo contro tutti, e agisce di conseguenza. Questo atteggiamento purtroppo non è nato col M5S, anzi: costituisce forse l'elemento più significativo del degrado della politica degli ultimi 20 anni. Gli schieramenti politici nascevano pro o contro Berlusconi, le urla dei talk show politici mostravano dei dialoghi tra sordi e in generale non c'era spazio per il confronto vero tra visioni diverse della società. Anche il M5S non è estraneo a ciò, lo porta addirittura all'estremo: hanno voglia a dire che sono pronti a confrontarsi in parlamento se poi non solo Grillo, ma anche Di Battista, che è parlamentare, dice "siamo in guerra". Il M5S non si sottrae purtroppo alla retorica vuota: basta pensare a questo video che vede Di Battista fare uno show per le telecamere a scapito di Speranza.

Io fossi stato in quest'ultimo, a vedermi il parlamentare del M5S che voleva bloccarmi l'accesso alla sala stampa per le dichiarazioni ai giornalisti (si vede all'inizio del video), avrei detto: "Siccome esiste ancora la libertà di parola, ti prego di farmi passare per potermi garantire questo mio diritto. Se vuoi, quando ho finito, potremo discutere per tutto il tempo che vuoi, anche di fronte alle telecamere, ma occhio: se non mi lasci parlare per fare un tuo comizio, io prendo e me ne vado". E se Di Battista non mi avesse lasciato finire neanche questa frase, me ne sarei andato facendomi ben sentire mentre dico "Con chi non vuole ascoltare io non parlo". Ma purtroppo era Speranza, non un politico con più esperienza e personalità, e quindi queste cose non le ha dette.
Il punto è: se la vuota retorica è tra le cose peggiori della politica attuale, perché il M5S ne fa pieno uso? 

Post-ideologia e contenitore vuoto

Il suo programma ne è il perfetto esempio: non c'è analisi, non c'è una cifra, solo un elenco di obiettivi tipo lista della spesa senza però nemmeno una parola su come si vogliono realizzare le cose. Anche su questo, non sarebbe ora di una forte discontinuità col passato? Ma soprattutto, non vedo quale sia la visione del M5S: qualcuno potrà rispondere "La buona amministrazione". Ma allora io controbatto: "Per fare cosa?" Come ho già detto in un altro mio post, se possono essere condivisi da tutti i risultati che si vogliono raggiungere (crescita, meritocrazia, parole usate e abusate), meno lo sono i modi in cui li si vuole raggiungere. Il programma M5S è decisamente carente su mercato del lavoro (con l'eccezione del reddito di cittadinanza e una generica "abolizione della legge Biagi"), politica migratoria, diritti civili, politica estera (tranne l'uscita dall'euro): non mi paiono temi da poco. Ho letto sul numero di Internazionale dedicato a Renzi che, secondo un giornalista, il motivo del successo di Renzi è che rappresenta un contenitore vuoto in cui ciascuno può riversare le proprie frustrazioni e trovare una qualche risposta. Immagine che secondo me si attaglia abbastanza bene anche al M5S.

Radicamento territoriale

Se in precedenza ho scritto che il M5S è molto bravo a buttarsi in battaglie locali importanti, tuttavia il suo radicamento territoriale non è elevato: basta pensare che, alle elezioni locali, prende tra un terzo e metà dei voti che ottiene alle elezioni nazionali. Questo perché quando il frontman non è Grillo ma il candidato presidente o sindaco, viene fuori la scarsa penetrazione nel territorio (normale per un partito agli inizi, ma il M5S ha ormai 4 anni d'attività e la visibilità non gli manca) e non c'è il maggiore traino elettorale, che è e resta ancora Grillo. E di partiti così dipendenti dal proprio leader secondo me non ce n'era ulteriore bisogno.

Leadership e democrazia interna

Molti penseranno che questo punto sia logoro, ma per me è ancora di vitale importanza: il PD, per quanto sgangherato, ha ancora meccanismi per cui si può cambiare chi comanda (l'anno scorso erano tutti bersaniani, oggi tutti renziani), ma il M5S? Vi scordate che Beppe Grillo è proprietario del simbolo e tesoriere del partito (una concentrazione di cariche che neanche il Partito Fascista aveva), chi esprime dissenso nei suoi confronti viene subito cacciato (le ultime espulsioni a ciò erano dovute, chi ha un po' di onestà intellettuale non può negarlo) e nel M5S si critica la disciplina di partito salvo poi teorizzare modifiche costituzionali per cancellare la libertà da vincoli di mandato del parlamentare (art. 68) o introdurre multe salatissime per chi vota contro il gruppo (Grillo nella sua ultima intervista con Mentana). Chi gestisce un partito in questo modo, come si comporterà poi al potere in caso di vittoria alle elezioni? Senza per forza parlare di dittatura, ma che ascolto può promettere alle minoranze chi si comporta così in casa propria?

Conflitto d'interessi

E già: questa non ve l'aspettavate, vero? Però esiste, e il conflitto d'interessi nel M5S assume tratti a volte enormi. Tralasciamo per un momento il discorso del blog (praticamente unica porta d'accesso al mondo del M5S, vista la disparità di contatti raggiunti da esso rispetto ad altri siti).
Il famoso sistema operativo del M5S, come Grillo stesso ammette nella già citata intervista con Mentana, tramite cui gestire le votazioni e i sondaggi ma non solo, è della Casaleggio Associati. Possibile che non ci fosse un'altra ditta che poteva farlo? Che siano soldi pubblici o raccolti da donazioni, sono sempre denaro dei cittadini usati per foraggiare una ditta vicina al M5S. Per altri partiti si sarebbero fatti discorsi ben peggiori (e spesso purtroppo a volte vanno fatti).
Andiamo però al blog: provate ad installare il plugin adblock, che blocca i video pubblicitari, e poi ad accedere al sito beppegrillo.it. Troverete grandi difficoltà, perché il sistema vorrà per forza farvi vedere le pubblicità prima dei video, ad esempio: ma se la pubblicità non è importante, perché chi non la vuole praticamente non può guardare il sito? Questo perché Beppe Grillo, che certo non vive d'aria, fa molti soldi anche col suo blog. Niente di male, se non fosse che praticamente il M5S deve per forza passare per il suo blog (il cui indirizzo compare anche sul simbolo elettorale).
Come ho poi accennato prima, è per questo che il M5S non ha i rimborsi: per ottenerli dovrebbe depositare la dichiarazione dei redditi del proprio tesoriere, ossia Grillo (indicato come tale nello statuto del movimento). E si scoprirebbe così che Grillo, per fortuna, non è povero (altrimenti come farebbe a mantenere la casa al mare che voleva affittare a 13mila euro a settimana?): niente di male, per carità, ma come ci rimarrebbero i militanti M5S se si dimostrasse, tramite dichiarazioni dei redditi, che la politica ha rimpolpato, e parecchio, le tasche di Grillo? Perché Grillo è un leader politico, non dimenticatelo: parla di alleanze a livello europeo possibili, dice la sua su ogni consultazione interna, come giustamente fa un leader.

Conclusioni

Se il M5S offre alcuni interessanti spunti, porta avanti dei temi che una forza politica dovrebbe fare propri, e offre un modello di autofinanziamento e sobrietà in politica, dall'altra la dipendenza dal suo leader e il filo conduttore che lo lega alla Casaleggio Associati, anche economico, è alto, e spesso prende dai politici tradizionali i vizi peggiori. Insomma, se su molte cose non rappresenta questa grandissima discontinuità con gli altri partiti, perché votarlo? Preferisco ancora un partito che, nel bene e nel male, ha un forte radicamento territoriale, un dibattito politico completo al suo interno, e che in esso ha tantissime risorse che potrebbero migliorarlo: devono solo prendersi lo spazio. Già, prenderselo, perché nei partiti funziona così: anche D'Alema e Veltroni rottamarono Occhetto, ad esempio. Non ci si può aspettare che chi comanda ceda facilmente il posto, ma così ha sempre funzionato il mondo, i Greci ci avevano persino scritto una tragedia: l'Edipo Re.

martedì 18 marzo 2014

I film de "La spuma e lo spritz" - Il Pardino Parte II

In queste settimane Rete 4 sta riproponendo la trilogia de "Il Padrino", un episodio a settimana il sabato sera. In quello scorso era il turno del secondo capitolo, quello che senza giri di parole definisco il migliore della serie.
Non fraintendetemi: il primo è fatto molto bene e ha avuto il merito di lanciare molti attori nuovi (Al Pacino in primis). Però per me il secondo è un capolavoro originalissimo e ricco di spunti di riflessione anche profondi, mentre il primo serve più a farci diventare familiare con un certo mondo (quello mafioso) in generale. Per inciso, il terzo è purtroppo una conclusione a tratti scontata di una serie altrimenti splendida.
Ma perché mi piace così tanto questo capitolo? Innanzi tutto la struttura: essa richiama il formato ideato 2000 anni fa da Plutarco con le sue Vite Parallele, raccontando due biografie aventi alcuni punti in comune. I personaggi di cui si racconta nel film sono Vito e Michael Corleone, rispettivamente padre e figlio e capi della dinastia mafiosa che porta il loro cognome. Entrambi erano apparsi nel primo episodio, dove si aveva modo di vedere la parte finale del "regno" di don Vito e l'inizio di quello di Michael. Nel secondo episodio invece viene raccontata l'ascesa del primo, immigrato dall'Italia, e la "decadenza" del secondo.
Ho messo questo termine tra virgolette perché in realtà anche Micheal riesce a mantenere, se non addirittura ad allargare, l'influenza del suo clan. Il film, però, mostra inevitabilmente un dualismo tra il padre, l'eroe (se si può usare questo termine per un boss mafioso) vincente e il figlio, il "perdente". Se don Vito riesce a costruire il suo clan e a vincere anche nel privato (famiglia numerosa e unita), Micheal (che addirittura nei piani del padre non doveva entrare nel mondo mafioso) nel privato è un disastro. Per quest'ultimo il ruolo di potere e il suo mantenimento a tutti i costi è coinciso col graduale e drammatico disfacimento della sua famiglia (in senso letterale e non criminale del termine): il divorzio, la sorella che dopo la morte del marito (che si era venduto al nemico) passa da una relazione all'altra ed è sempre senza soldi, ma soprattutto il tradimento del fratello, il quale, geloso del fatto che lui, il figlio maggiore, non fosse a capo della famiglia, tradisce il suo stesso clan e per poco non far ammazzare il fratello; la conseguenza di quest'ultimo tradimento sarà la drammatica scena in cui egli viene ammazzato proprio per ordine di Michael (per inciso, trovo la composizione di quest'ultima spettacolare).


Di conseguenza, mentre don Vito rappresenta un vincente, una sorta di lato perverso del sogno americano, l'uomo che si è fatto da solo (idea che ha fatto molto arrabbiare la mia amica statunitense Megan quando gliel'ho esposta), che è diventato potente nel pubblico e vincente nel privato, Michael rappresenta un mondo in cui il denaro è ancora più importante nella conquista del potere e travolge tutto, mettendo tutto il resto va in secondo piano (altrimenti non mi spiego il continuo richiamo dei mafiosi più anziani di lui ai "tempi belli"). Michael vince nel malaffare, ma fallisce nei suoi obiettivi: rendere completamente legale la posizione dei Corleone e tenere unita la sua famiglia (figli, moglie e fratelli). Per questo egli è il perdente, l'eroe decadente, cosa che emerge ancora di più dal confronto con il padre.
Ed è questo per me il bello del film: se il primo episodio serviva soprattutto a presentare un mondo e a raccontarlo, il secondo racconta due personaggi, il mondo visto da loro occhi, la forza del primo e le contraddizioni del secondo. Insomma, è la storia di un ambiente (la mafia) con gli occhi di due grandi personaggi, è il racconto di un pezzo di natura umana, e di quell'infinito universo che esso racchiude.

sabato 15 marzo 2014

Comunicazione politica del 2000 o MondialRenzi?

Ebbene sì, questo blog non si premura di cercare sempre argomenti originali, non discussi dagli altri o alternativi: ogni tanto anche a me tocca rimestare nel torbido. Voglio parlare della conferenza stampa tenuta da Renzi mercoledì 12 marzo scorso per presentare le prossime misure che il suo governo ha intenzione di prendere. Per chi se la fosse persa e non volesse privarsi di questo piacere (c'è a chi piace il genere), ecco il video integrale.


Se invece vi fidate di me e della mia capacità di discernimento, ecco la mia analisi.

La qualità tecnica dello streaming

Un fotogramma ad alta definizione dello streaming della
conferenza stampa
Non è la prima volta purtroppo che la politica prova a fare la moderna ma poi si perde in questioni tecniche: l'incontro di Bersani con i pentastellati, quello speculare di Renzi, le direzioni PD o le riunioni M5S... Hanno tutti in comune una ridotta qualità tecnica: una bassissima risoluzione, una regia abile come quella dello zio matto che riprende la prima comunione del nipote e un audio che a confronto Armstrong dalla luna si sentiva meglio. Ora, non dico che voglio il full HD (come quando ero al Politecnico a Zurigo e sulla loro intranet si trasmettevano le partite dei Mondiali in HD, roba che col proiettore riuscivo a contare ogni singolo filo d'erba), ma almeno un po' d'impegno... Anche Renzi poi ha commesso qualche errore imperdonabile da questo punto di vista: i gesti con i quali batteva sul podio scandendo ritmicamente il suo discorso risultavano alla fine più sgradevoli che utili.

La comunicazione visuale-iconica e l'uso delle figure retoriche

Da molti Renzi è stato irriso per la scelta della presentazione in powerpoint per illustrare i prossimi provvedimenti del governo, un po' come un venditore in una convention aziendale. Pur se ispirato da Obama nella scelta del mezzo, l'impressione finale è molto differente: tanto istituzionale e preciso il presidente americano quanto a tratti piacione e piazzista il secondo. Chi però fa questa osservazione dovrebbe ricordarsi del contesto differente: se Obama parlava al congresso statunitense, quindi in una delle massime sedi istituzionali del suo paese, Renzi era sì a Palazzo Chigi, ma aveva come destinatario il grande pubblico. E qui non posso non citare Zurota, che sul suo blog personale ha ricordato quale sia il fottuto campo di giuoco: in un paese dove più del 70% degli italiani non ha le competenze per leggere un articolo di giornale bisogna adottare uno stile che possa raggiungere anche costoro. Letta, con il suo bel programma Impegno Italia soddisferà quelli come me, che hanno uno stile cognitivo verbale, ossia apprendono meglio contenuti incentrati sulla parola, sia essa in forma di testo scritto o orale. Ma come ben sanno gli insegnanti, una larga parte della popolazione ha un altro stile, basato sull'immagine o al massimo sul testo breve, tipo i 140 caratteri di Twitter. 
Una comunicazione che adotta questo stile è pertanto destinata ad essere vincente, specie in quella parte molto mobile di elettorato che si informa di meno e che, non abituata ad una fruizione intensa di contenuti, ha bisogno di queste modalità. In fondo i dipinti nelle chiese con le scene sacre o le vite dei santi erano il modo dell'epoca per insegnare a una massa di fedeli analfabeti la dottrina cristiana: e la Chiesa dura da duemila anni...
Renzi e la slide del carrello della spesa
La comunicazione per immagini inoltre rimane spesso impressa ad un livello inconscio, più profondo e quindi è più facilmente destinata a durare nel tempo. L'apoteosi di tutto ciò è la slide, da tanti derisa, del carrello della spesa: Renzi l'ha lasciata per diversi minuti, sapendo che sarebbe risultata molto forte. Promettere 80 euro in più al mese significa fornire un dato significativo, ma che non colpisce come un'immagine immediatamente associata al benessere come un carrello della spesa pieno.
Non so quanto volontariamente, poi, ma Renzi nel suo discorso fa spesso uso di figure retoriche (ossia accorgimenti tecnici del discorso) che aiutano sia a memorizzare più facilmente ciò che si vuole dire sia a renderlo maggiormente interiorizzabile per il pubblico.
Si pensi ad esempio a questo celeberrimo passo della Divina Commedia:

               Per me si va ne la città dolente
               Per me si va ne l'etterno dolore
               Per me si va tra la perduta gente

La ripetizione continua di un certo blocco di discorso (Il "Per me si va") è detta anafora, ed effettivamente consente di memorizzare facilmente questa strofa che moltissimi si ricordano, pur senza sapere dove fosse collocata. Renzi ripete spesso le parole "fare" e "svolta", ad esempio, un po' come un mantra, si direbbe oggi, ma non facendo altro che applicare questa tecnica. Un'altra figura retorica molto utilizzata da Renzi è il chiasmo, ossia la creazione di un incrocio immaginario tra coppie di parole. Un esempio ben noto è il motto dei moschettieri Uno per tutti / Tutti per uno: si noti come la posizione di "Uno" e "Tutti" si inverte tra i due blocchi. Renzi ne fa un uso a volte eccessivo, quasi da supercazzola (tipo "Viva l'Italia viva"), ma se da un lato può far ridere, dall'altro attira l'attenzione, fa presa: e quindi raggiunge il suo scopo.




Il messaggio politico sono io

Si è spesso parlato di Renzi come di un piccolo Berlusconi. Qui voglio confermare almeno parzialmente questa tesi, con un elemento però che fa parte della politica moderna e che Berlusconi ha adottato e importato in Italia: l'identificazione tra leader e proposta politica. La metto in termini semplici: chi vota i partiti di centro-destra nella stragrande maggioranza dei casi non vota un programma, vota Berlusconi.Renzi fa proprio questo elemento tipico della politica americana, dove ciò è una necessità poiché i partiti sono poco radicati nella comunità e quindi hanno bisogno di un forte elemento catalizzatore come un leader per raccogliere consenso in occasione degli appuntamenti elettorali; tale fenomeno però è sempre più forte anche in Europa (Cameron in Gran Bretagna, Zapatero in Spagna), e in Italia, dove la crisi dei partiti è forte, è quasi inevitabile.
Renzi dice continuamente frasi tipo "Ci metto la faccia" su alcuni provvedimenti, a significare che essi sono importanti esclusivamente perché sono quelli che maggiormente si identificano con la sua figura. Piaccia o no, questa è una tendenza sempre maggiore nel nostro paese, dove la frase "Io voglio votare la persona" è sempre più diffusa.

Le criticità

Attenzione: non è tutt'oro quello che luccica
Tecnicamente si può osservare che la maggior parte delle proposte di Renzi hanno una copertura non ben definita: dove li trova i soldi per tutte le sue iniziative? Su questa cosa non è stato chiaro, ma non mi sarei aspettato altro: la conferenza stampa poco si presta a un resoconto dettagliato di tutte le voci di bilancio, e non si può pretendere altro. Più problematica invece è la questione sulle forme con cui le proposte dovranno diventare leggi: se da un lato è positivo il fatto che si faccia più ricorso a disegni di legge (proposte presentate in parlamento da modificare, approvare o respingere) che a decreti legge (atti normativi del governo per cui il parlamento ha 90 giorni per scegliere di convertirli in legge normale o no), offrendo quindi tempo per la discussione, dall'altro si danno molti modi agli oppositori di Renzi per perdere tempo o snaturare le sue proposte. Non quindi il fare serrato e a tratti nevrotico che si vuole raffigurare, anche se sono ancora possibili espedienti per troncare la discussione parlamentare, come la questione di fiducia, per cui o si approva la legge o cade il governo.
Se per molte cose dovremo aspettare il vero e proprio documento di programmazione economica e finanziaria, quest'ultimo però, guardando quei pochi atti normativi già presentati, potrebbe non promettere nulla di buono: il mio politologo friulano di fiducia in suo post ha mostrato come la proposta di riforma costituzionale sia assolutamente frammentaria e raffazzonata, e per lo più presentata in un pacchetto "prendere o lasciare".
Vedo però un'altra grossa criticità. La politica ha un duplice scopo: l'elaborazione e la diffusione di proposte e la raccolta di consenso attorno ad esse. Renzi ha il merito di ricordarsi di quanto sia importante il secondo, da raggiungere anche attraverso l'uso di tecniche di marketing. Fin qui tutto bene: però il problema è il primo obiettivo da me menzionato. A mio parere la proposta politica renziana è a tratti frammentaria, per di più ispirata a teorie da sinistra liberista che andavano tanto di moda negli anni '90, che hanno creato gli elementi che hanno poi contribuito alla drammaticità della crisi (la deregolamentazione della finanza e del mercato del lavoro, ad esempio). Renzi prende sì alcuni elementi da sinistra più socialista (ad esempio, la promessa di taglio dell'IRPEF con aumento del salario netto per i lavoratori dipendenti), ma altri non lo sono: non mi piace ad esempio l'identificazione della pubblica amministrazione o del fisco come nemici. Questa è un'esagerazione nel tentativo di raccogliere entusiasmo, che poco ha a che fare però con quella che secondo me è una priorità che la sinistra del terzo millennio deve avere, ossia la ricostruzione dello stato dopo la sua delegittimazione operata dalla destra in nome del mercato. Ma soprattutto, non c'è quell'opera di elementarizzazione, ossia di riformulazione della propria proposta in termini sì più semplici ma comunque non semplicistici, e che quindi non perdono per strada il significato originario più complesso.
Il problema però è che al momento una proposta di sinistra alternativa non c'è (Renzi sta vincendo sulle macerie), né esiste la sensibilità, da parte di chi ci prova a farla, a catalizzare un consenso ampio, anche sporcandosi le mani con trucchetti da venditore, e facendo da tramite tra la complessità della realtà e l'esigenza di immediatezza dell'elettore: basta pensare che l'avversario di Renzi alle primarie era Cuperlo, figura rispettabilissima ma evidentemente a disagio nel ruolo di leader politico e incomprensibile ai più quando parlava. Rimaniamo perciò con l'alternativa di un leader che si preoccupa tantissimo della seconda gamba della politica (il consenso) ma fallisce nella prima, nella costruzione di una proposta basata su una chiara visione della società, e con essa coerente, e nella sua trasmissione il più possibile fedele, per quanto resa semplice, ai cittadini. Certo, qualche frammento di ciò non manca, ma non vedo quella che i filosofi chiamerebbero narrazione, ossia un impianto ideologico che spieghi il mondo che ci circonda e che riesca ad essere applicato in diversi ambiti, ottenendo quella che Gramsci chiamava "egemonia culturale". In fondo, la cultura di destra del mercato ha fatto sua questa lezione, riuscendo a dominare in economia, nell'istruzione, nella legislazione del lavoro, nella cultura. A quando una proposta di sinistra che recuperi questo concetto di uno dei suoi padri nobili offrendo un'alternativa radicale a quanto visto negli ultimi 30 anni?

giovedì 13 marzo 2014

Italicum for dummies

L'italicum è unicum? In memoria delle sere a casa
con il co-blogger "Dalla parte di Spessotto"
Il 12 marzo 2014 la Camera ha approvato la nuova proposta di legge elettorale, chiamata sui giornali italicum, la quale, se pur con piccole modifiche, è essenzialmente la stessa scaturita dall'accordo tra PD e Forza Italia, plasticamente rappresentato dall'incontro tra i loro leader, Renzi e Berlusconi, nella sede del PD al Nazareno.
In estrema sintesi, è un modello spagnolo modificato con innesti francesi (per il doppio turno), premio di maggioranza e soglie di sbarramento nazionali. Questo post è dedicato a chi non ha capito un tubo di quest'ultima frase, ritenendola assimilabile ad una proverbiale supercazzola.


Avviso quindi che in queste righe manterrò un tono volutamente didascalico, che potrebbe sembrare noioso per chi ha una qualche familiarità con tali questioni tecniche, risultando perciò in un testo lungo. Se volete cercare un colpevole, quanto sto per scrivere nasce dalle numerose domande fattemi dalla mia amica Eleonora, ed è rivolto proprio a chi come lei ha interesse nella politica ma non ha perso ore a seguire il dibattito sul migliore dei sistemi elettorali possibili.
Analizzerò alcune parole utilizzate nella mia descrizione dell'italicum, ossia:
  • Modello spagnolo
  • Premio di maggioranza
  • Doppio turno
  • Soglie di sbarramento
Infine, riepilogherò alcune delle criticità che possono emergere da questa legge e menzionerò brevemente le polemiche che ne hanno maggiormente accompagnato la discussione.

Modello spagnolo

No, non parlo di questo modello spagnolo
Il modello elettorale vigente in Spagna si basa su collegi piccoli, ossia ripartizioni territoriali di ridotta estensione territoriale, in ciascuno dei quali vengono eletti su base proporzionale un ridotto numero di parlamentari.
Il meccanismo proporzionale è in linea di massima molto semplice: a ciascun partito vengono assegnati un numero di eletti corrispondente alla percentuale di voti ottenuta. Ad esempio, in un collegio che assegna 10 elettori, un partito che riceve il 30% dei voti otterrà grosso modo 3 eletti.
Come nel sistema spagnolo, le liste dei parlamentari sono bloccate, e quindi non è possibile esprimere una o più preferenze sui candidati che si vogliono votare. L'ordine di comparizione nelle liste determina perciò chi verrà eletto: per il sopra citato partito dal 30%, accederanno al parlamento i primi 3 della lista da esso presentato.

Premio di maggioranza

Un premio che questo blog non vincerà mai
Per come è formulato, un modello elettorale proporzionale garantisce la maggioranza solo a quei partiti o a quelle coalizioni che conseguono una percentuale di voti prossima al 50% (quanto vicina dipende dalla soglia di sbarramento, di cui parleremo dopo). Una tale situazione è di difficile realizzazione, soprattutto nell'Italia di oggi, caratterizzata da tre partiti principali, ma non molto grossi. L'Italicum perciò prevede un premio di maggioranza per il partito o la coalizione (quindi queste devono essere dichiarate prima del voto) che ha raggiunto il maggior numero di voti, ma non la maggioranza dei seggi. Esso consiste nell'assegnazione di un numero di seggi ulteriore, sufficiente a raggiungere la maggioranza in parlamento: l'unica condizione è che il partito o la coalizione in questione devono aver raggiunto almeno il 37% dei voti a livello nazionale. Cosa succede nel caso in cui questa percentuale non sia raggiunta da nessuno?

Doppio turno

Prima o poi viene il proprio turno, basta aspettare
La soluzione escogitata dall'Italicum in questo caso è il doppio turno, praticamente simile al ballottaggio in vigore nelle elezioni comunali e già adottato in Francia per le elezioni nazionali.
L'idea è che, nel caso in cui nessuno raggiunga il 37% dei voti, le due coalizioni (o i due partiti) che hanno ottenuto più voti si confrontano in un secondo turno elettorale ad esse riservato e in cui l'elettore deve decidere a chi va assegnato il premio di maggioranza.
A differenza di quanto accade in Francia e nelle elezioni comunali italiane, non è possibile per le liste escluse dal ballottaggio associarsi a una delle due a esso ammesse, e quindi le coalizioni non possono essere modificate tra un turno e l'altro. Ma chi può accedere alla ripartizione dei seggi?

Soglia di sbarramento

Certi sbarramenti raggiungono sicuramente consensi
bipartisan
Una soglia di sbarramento è una percentuale al di sotto della quale un partito o una coalizione non hanno diritto a partecipare alla ripartizione dei seggi. Nel caso visto sopra, in cui un collegio assegna dieci seggi, una lista, per poter ottenere almeno un seggio, deve conseguire circa il 10% dei voti. In generale, se un collegio assegna N seggi, l'Italicum determina una soglia implicita (in quanto non definita esplicitamente) per quel collegio pari a 1/N. Più piccolo è un collegio, quindi, maggiore è tale soglia di sbarramento. Per questo in Spagna, dove essi sono molto piccoli (e quindi assegnano pochi seggi), tale meccanismo penalizza i partiti minori, rendendo per loro quasi impossibile l'accesso al parlamento.
Nell'Italicum, oltre a questa soglia implicita derivante dal meccanismo dei collegi piccoli, si definiscono altre tre quote da raggiungere, definite a livello nazionale:

  • Il 12% per le coalizioni
  • L'8% per i partiti singoli che non si presentano in una coalizione (ad esempio, il Movimento 5 Stelle)
  • Il 4.5% per i partiti in una coalizione.
In questo modo, un partito forte in alcune zone d'Italia ma debole a livello nazionale, come la Lega Nord, difficilmente può entrare in Parlamento. Per quest'ultima si era pensato a un comma ad hoc, in modo da consentirle di eleggere dai rappresentanti, ma poi nei lavori parlamentari esso non è stato incluso, e quindi la versione uscita oggi dalla Camera non lo contempla. Vi è tuttavia una soglia del 20% riservata esclusivamente ai movimenti che rappresentano le minoranze linguistiche e calcolata sui collegi in cui queste ultime si presentano (ad esempio, la SVP della minoranza tedesca in Alto-Adige), per preservare il loro riconosciuto diritto di rappresentanza.

Alcune criticità di questa legge non sufficientemente emerse


Un buon esempio di rapporto tra piccoli e grandi
I possibili problemi che io (e anche altri, pur senza raggiungere il clamore riservato alle quote rosa o delle liste bloccate) ho osservato in questa legge sono quasi tutti legati a quanto il Parlamento che risulterebbe da una tale legge sia rappresentativo dei voti dei cittadini, in particolare nella riproduzione delle proporzioni fra partiti "grandi" (PD, Forza Italia, M5S) e piccoli (NCD, SEL etc.).
Si consideri il più semplice: le soglie di sbarramento nazionale. Per come sono formulate, nessun partito, con l'eccezione di PD, PDL e M5S, può presentarsi da solo alle elezioni, cosa che risulta particolarmente sgradita a SEL, i cui rapporti col PD, dopo quanto è successo in seguito alle ultime votazioni, non sono affatto idilliaci a livello nazionale. I piccoli sono quindi "forzati" a cercare di coalizzarsi con i più grandi, senza per questo guadagnare la quasi certezza di riuscire a nominare dei propri rappresentanti: secondo gli ultimi sondaggi, a parte i tre partiti maggiori, gli altri non sono per niente sicuri di raggiungere il 4.5%. Ciò è facilmente aggirabile se i piccoli partiti si aggregano in contenitori pensati apposta per le elezioni, ma queste operazioni non sempre hanno successo (vedere cosa è successo nelle ultime elezioni a Rivoluzione Civile).
Inoltre, i partiti che non superano la soglia elettorale partecipano comunque al conseguimento del premio della maggioranza alla loro coalizione, con risultati potenzialmente paradossali.
Facciamo un esempio realistico di risultati elettorali:
- PD 31.5% + SEL 4% + Altri di CSX 1% = 36.5%
- Forza Italia 25% + NCD 3% + Lega 3.5% + Fratelli d'Italia 3% + UDC 2% + altri CDX = 1% = 37.5%
- M5S 22%
- Altri 4%
Per come è formulato l'Italicum, alla Camera si avrebbero 3 partiti: Forza Italia con 340 seggi, il PD 163 e il M5S 113. Da questo conteggio vengono esclusi i seggi della Valle d'Aosta e dell'Alto-Adige (che sono assegnati con una legge diversa) e quelli riservati ai rappresentanti degli italiani all'estero. In una situazione del genere, che non è così impossibile, il PD, pur essendo largamente il primo partito, ottiene quasi la metà dei seggi di Forza Italia, grazie ai tanti partitini che sono coalizzati con lei, che però non ottengono alcun seggio. Questo, assieme alla tendenza del CSX ad ottenere peggiori risultati quando si vota con il metodo proporzionale (come evidenziato da marckuck in un suo post), contribuisce alla mia incredulità su come Renzi possa aver accettato questo compromesso.
Sempre riguardo l'assegnazione di un premio di maggioranza a una coalizione, quest'ultimo non costituisce un vincolo per i suoi partiti a mantenersi uniti per tutta la legislatura: si pensi al fatto che il PD alle ultime elezioni alla Camera ha ottenuto quasi il 50% dei seggi pur con il 25% dei voti, in quanto alleato con SEL in una coalizione che ha conseguito il premio di maggioranza, e tuttavia questi due partiti non governano assieme A livello locale questo vincolo è dato dal fatto che se decade il sindaco o il presidente di regione si deve tornare a votare, ma in questi casi essi sono direttamente eletti dagli elettori, cosa non valida per il premier (e se si vuole ciò, bisogna modificare la costituzione, procedura dai tempi lunghi).
Infine, il fatto che il Senato (in prospettiva da rendere non più elettivo ma composto da membri delle istituzioni locali) sia per ora, in attesa di una sua riforma, eletto con un proporzionale puro (quello emerso dalle modifiche della Consulta al Porcellum), fa in modo che fino a quando non viene cambiata la parte della Costituzione che parla del Senato (cosa che richiede almeno un anno) ogni elezione non porterà ad una maggioranza al Senato che non sia nel quadro delle larghe intese. Renzi vuole usare ciò per incentivare i piccoli partiti che appoggiano il suo governo a non andare subito alle elezioni, ma quest'arma potrebbe ritorcersi contro di lui.

Quote rosa e preferenze


Anche le parlamentari possono andare in bianco
Più risalto sui mezzi d'informazione hanno invece ottenuto le questioni relative alla parità di genere nella rappresentanza parlamentare e alle preferenze. Sono stati infatti bocciati gli emendamenti che tendevano a forzare i partiti ad alternare un uomo e una donna nelle liste e a scegliere un pari numero di capilista uomini e donne, così come non sono state approvate quelle proposte di modifica che volevano introdurre la possibilità per l'elettore di indicare la preferenza per un singolo candidato o per due candidati, uno di sesso maschile e l'altro femminile.
Sulle quote rosa mi limito a dire che in un mondo perfetto esse non servirebbero, ma in un paese come il nostro, in cui esiste un soffitto di vetro che ancora oggi non consente alle donne di occupare posti di rilievo, se non in minima parte, bisogna contemplare una legge che garantisca la parità di rappresentanza per i generi. Quando poi, con questo meccanismo, donne e uomini occuperanno in quota simile degli incarichi importanti, allora si potrà pensare di rimuovere tale forzatura.
Sulle preferenze, infine, devo osservare che in molti altri paesi dove si vota col proporzionale (Germania e Spagna in primis) esse non esistono, e che effettivamente in Italia esse hanno comportato la nascita di apparati clientelari parassitari che hanno solo nuociuto alle casse dello stato. Certo, esse esistono nelle elezioni locali, quindi bisogna stabilire se sono il male assoluto oppure no: di sicuro, nei paesi in cui esse non esistono non si ha per forza un deficit di democrazia. Se le preferenze sono diventate un cavallo di battaglia di molti, lo si deve in alcuni casi al fatto che questa battaglia è popolare (e quindi può essere usata per destabilizzare l'accordo tra Renzi e Berlusconi, ad esempio da parte della  minoranza PD che non fa riferimento al segretario), e lo è perché nel porcellum, in cui le liste bloccate erano molto lunghe, era difficile che l'elettore fosse informato sui primi in ogni lista (quelli che hanno maggiori possibilità di venire eletti). I collegi piccoli nascono per quello: teoricamente, è più facile che i candidati siano maggiormente conosciuti dagli elettori, a meno che ovviamente non siano paracadutati dall'alto. In ogni caso, le preferenze non sarebbero la mia priorità.
Va notato però che tale proposta di legge deve ancora essere approvata dal Senato, dove la maggioranza ha numeri più risicati: ogni modifica è quindi ancora possibile, e i contenuti di questo post vanno ritenuti validi fino a quando non ne subentrino alcune di esse.