sabato 23 novembre 2013

JFK

Per il centesimo post pubblicato su questo blog bisognava per forza scegliere un argomento speciale, di grande importanza, e una volta tanto la storia è stata d'aiuto: il 22 novembre del 1963, a Dallas, moriva in un attentato John Fitzgerald Kennedy, noto anche con le sue iniziali JFK, che Oliver Stone prese per dare il titolo al suo film sulla figura di questo presidente statunitense e sui dubbi che ancora oggi circondano la sua morte.
Non parlerò però di tutte le teorie formulate in questi cinquant'anni su questo episodio: in fondo, basterà aspettare il 2017, anno in cui il presidente degli U.S.A. che sarà in carica potrà, se vorrà, togliere il segreto sugli oltre mille documenti della CIA che parlano di questa morte. La numerosità di tali teorie però fa capire quanto tale l'attentato abbia colpito il mondo intero, e le recenti dichiarazioni di John Kerry, ministro degli esteri della presidenza Obama, scettiche riguardo al fatto che Oswald, l'assassinio di Kennedy, abbia agito da solo, fanno comunque pensare che gli storici avranno ancora tanto lavoro da fare.
In questo post voglio cercare di rispondere a una domanda: perché Kennedy ha rappresentato e rappresenta ancora per intere generazioni un modello politico?
Se andiamo a guardare i risultati ottenuti nella sua presidenza, non si può certo parlare di grandissimi successi. In politica interna viene ricordato essenzialmente per il lancio del programma spaziale Apollo (concepito dal suo predecessore Eisenhower come continuazione del Mercury) e per il suo sostegno, da molti però ritenuto timido, ai diritti degli afroamericani, tema allora molto caldo: ricordo che nel 1963 il governatore dell'Alabama, Wallace, con un'azione clamorosa impedì che due studenti di colore entrassero nell'università di quello stato per iscriversi, nonostante ciò fosse consentito da una sentenza della Corte Suprema del 1954. Questo episodio è talmente famoso da essere citato persino nel film Forrest Gump.
In politica estera poi, a parte il famoso discorso "Ich bin ein Berliner" tenuto a Berlino Ovest e la creazione dei Peace Corps, i risultati sono poco encomiabili: come non ricordare il modo in cui gestì la presa di potere di Castro a Cuba e il disastroso tentativo di invasione militare della Baia dei Porci? Non si può poi dimenticare che l'escalation che portò all'impiego militare statunitense in Vietnam iniziò proprio sotto la presidenza Kennedy, con l'aumento dei consiglieri militari americani nella parte meridionale ad economia capitalista. 
Certo, questo ritratto è un po' impietoso, e sottovaluta le speranze che la sua elezione hanno suscitato, in particolare con il suo programma di politica interna denominato "Nuova Frontiera". Forse gli è mancato il tempo per realizzare le sue promesse, o le forti tensioni della Guerra Fredda (ricordo che si è sfiorata una guerra nucleare quando l'Unione Sovietica stava costruendo delle basi missilistiche a Cuba) gli hanno impedito di concentrarsi sulle sue promesse. Però era un fatto che la sua popolarità, prima del suo assassinio, era molto bassa, e infatti Kennedy si era recato in Texas a Dallas proprio per cercare di recuperare consensi.
Quali sono allora i meriti di Kennedy? Uno su tutti: ha cambiato il modo di fare politica. Dopo di lui, nessun presidente ha più ignorato l'importanza dell'immagine e della comunicazione per la propria carriera. Su quest'ultima basta pensare, oltre al già menzionato discorso di Berlino Ovest, al dibattito elettorale televisivo con Nixon: la sua sicurezza, il modo in cui parlava agli elettori, gli hanno permesso di vincere poi le elezioni. Per quanto riguarda l'immagine, in fondo è stato il primo presidente glamour, con una vita personale ingombrante (le sue numerose avventure con amanti di tutti i tipi ne sono un esempio), una moglie che stava benissimo sotto i riflettori e un abile uso del fare del suo privato un formidabile strumento politico: la foto qui sulla sinistra, coi figli di JFK nello studio ovale, ne è un esempio geniale.
Kennedy è stato insomma il primo politico moderno, e in fondo persino la sua morte, come per molte rockstar, ha contribuito a crearne il mito.

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