domenica 27 luglio 2014

Donne anti-femminismo?

Nei giorni scorsi mi sono imbattuto in una galleria fotografica di "La Repubblica", raffigurante donne che per varie ragioni ritengono il femminismo una cosa inutile e/o superata. La cosa mi aveva fornito un argomento di cui scrivere in queste pagine, ma la mia notoria incostanza nell'aggiornare questo blog mi aveva fatto desistere.

Oggi invece mi ritrovo sulla bacheca FB il seguente commento pubblicato da un mio amico.



Mi sono allora detto: beh, se Pino, con la sua notoria capacità di sintesi, ha pubblicato qualcosa, chi sono io per non farlo? Il figlio della serva? Così, dopo aver pulito casa (un uomo che rassetta, quale migliore immagine per una femminista?), nell'attesa dell'ora di cena, mi sono messo alla tastiera per scrivere quanto l'argomento mi ispira.

La mia natura didascalica mi spinge innanzitutto a dare una definizione del Femminismo. Esso per l'enciclopedia Treccani è un

Movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne.

Chi è quindi femminista ritiene che nella società odierna i diritti delle donne non siano rispettati (per ragioni tra le più varie) come quelli degli uomini. Questa ipotesi non è accettata dalle donne della già citata galleria fotografica, e anche per questa ragione il femminismo viene ritenuto qualcosa di superato. 
Ho cercato di racchiudere le loro tante affermazioni in cinque categorie, che sintetizzano la visione del femminismo che esse sottintendono.
  1. Anti-tradizionale.
  2. Movimento d'odio.
  3. Incurante delle diversità uomo-donna.
  4. Inattuale.
  5. Grande paravento.
Come scopriremo alla fine di questo testo, in realtà, questi punti sono strettamente intrecciati tra loro e fallaci.

Anti-tradizionale

Che il femminismo sia un movimento che vuole segnare una rottura col passato è assolutamente vero. Sempre la Treccani, infatti, a riguardo recitaIn senso più generale, insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica.

Nelle frasi delle donne considerate, però, si legge qualcosa di più: le femministe proverebbero forte disprezzo per quelle donne che scelgono di diventare angeli del focolare, di prendersi cura della propria famiglia e in particolare del proprio uomo. E se in effetti non nego che possa esserci qualche pseudo-femminista che, avendo fatto una scelta più orientata alla carriera, disprezza coloro che non sono come lei in quanto deboli, resta comunque il fatto che un'interpretazione più autentica del femminismo non propone un solo modello femminile, ma una pluralità di possibilità, tutte accettabili se abbracciate compiendo una libera scelta e tutte con pari dignità.
Come disse Lorella Zanardo quando venne a Zurigo, riferendosi alle soubrette televisive tutte incentrate sulla loro immagine, va benissimo chi sceglie di essere così: il problema si pone quando questo modello è l'unico proposto.

Movimento d'odio

Si è detto in precedenza che il femminismo proverebbe disprezzo per chi sceglie un modello di donna "tradizionale". Un'altra accusa simile sarebbe che questo movimento condannerebbe la galanteria (se le donne sono uguali agli uomini, perché dovrebbero aspettarsi che venga loro aperta la porta della macchina?) o le dimostrazioni d'affetto (ad esempio, la moglie che porta la colazione a letto al marito), poiché sottintenderebbero una visione del genere femminile come "debole intrinsicamente". L'idea dei rapporti di genere per le femministe sarebbe fortemente improntata alla competizione, in quanto le donne dovrebbero dimostrare continuamente di essere forti e mettere da parte ogni tenerezza reciproca.
Io invece, da uomo, mi ritengo fortemente per la parità di genere, ma non per questo non compio gesti d'affetto come pagare una cena o perché no cucinare io stesso, e se la mia donna fa altrettanto non lo vedo come segno di inferiorità, ma d'amore. L'importante è che la cosa sia reciproca: perché solo le donne dovrebbero essere carine mentre noi maschietti no?

Incurante delle diversità uomo-donna

Questa è quella che mi fa più sorridere: le diversità biologiche come giustificanti quelle sociali. Badate bene però che questa tesi, per quanto ingenua, è molto pericolosa ed è già stata usata anche in altri campi. Ad esempio, tutte le dottrine eugenetiche che hanno portato alla sterilizzazione dei malati mentali nel periodo tra le due guerre, e al loro sterminio nella Germania nazista (si consiglia a riguardo la visione dello stupendo spettacolo teatrale "Ausmerzen, di Paolini), si basavano su "misure di parametri biologici".


Senza giungere a questi drammi, comunque, la visione secondo cui certe differenze biologiche spiegherebbero anche quelle sociali mi spaventa, un po' perché penso a me stesso (vi è un esercito di donne in grado di correre più veloce e più a lungo, di saltare più in alto e più lontano e di sollevare maggiori pesi di quanto sia in grado di fare io: che ne sarebbe della mia virilità allora?), ma soprattutto perché ciò appunto sarebbe la giustificazione inaccettabile di qualcosa (la diseguaglianza) che non è frutto di differenze biometriche o di altre cause se non di scelte compiute dai membri di una società.

Inattuale

Per le risposte racchiuse in questa categoria, le rivendicazioni femministe non sono errate, ma semplicemente inattuali: la società attuale vedrebbe già la piena realizzazione della parità sociale con l'uomo.
Eppure basterebbe poco per smentire questa tesi. Basta pensare che, nonostante le donne siano generalmente meglio istruite degli uomini (fonte: ISTAT), esse sono più colpite dalla disoccupazione rispetto ai loro colleghi maschietti (fonte: Il Sole 24 Ore).
Inoltre, nonostante le battaglie come quelle illustrate nella figura qui mostrata, le donne in media guadagnano circa il 16% in meno degli uomini (fonte: Commissione Europea), con l'Italia messa meglio del resto dell'Unione Europea (da noi la differenza è del 10%). Per i lettori residenti sul suolo elvetico, in Svizzera tale differenza è del 19% (fonte: Swissinfo).
Eppure, c'è chi vede in questi dati qualcosa di diverso dalla discriminazione.

Grande paravento

Questa risposta è quella per me più interessante, in quanto afferma che il femminismo svilirebbe il merito individuale, reclamando l'uguaglianza sulla base di dati come quelli appena menzionati. In pratica, se c'è chi guadagna di meno, ciò è dovuto semplicemente alle sue incapacità: il genere non c'entra.
Per questo quindi il femminismo va rifiutato, in quanto grande scusa per coloro che non sono abbastanza brave e di successo. Se non sei realizzata, la colpa è esclusivamente tua.
Questa è un'accusa spesso rivolta a tutte le associazioni che lottano per una maggiore uguaglianza (es. i sindacati, che pure hanno le loro colpe), ed è figlia di una visione assolutamente individualista e derivante dal dominante neo-liberismo: se non hai successo, se guadagni poco, la colpa è solo tua, datti da fare e tutto si risolve.
Per questa mentalità bisognerebbe ignorare le etichette collettive, le associazioni sarebbero solo dei pretesti per equiparare i migliori ai meno bravi, e il merito sarebbe ignorato in favore di un presunto livellamento verso il basso. Ognuno dovrebbe badare a se stesso, la solidarietà non esiste ed è fatta per i perdenti. 
Questa è un'idea ampiamente diffusa, e in fondo richiama il post su FB con cui ho iniziato a scrivere, che ricorda in generale quanto la dimensione collettiva, pubblica, comune, sia, per chi ha questa mentalità, irrilevante o inesistente.
E qui mi ripeterò, ma da dove deve ripartire la sinistra se non proprio da qui? Notare che anche in questo schieramento non sempre tale concetto è chiaro. Basta pensare a Mineo che etichetta la Boschi come risultato della parità di genere.


Per questo, W tutti quei movimenti collettivi che si propongono l'uguaglianza e la condivisione come meta comune, contro gli egoismi e gli individualismi.

giovedì 3 luglio 2014

Indovinello

Guardate questa mappa.


Cosa vi fa venire in mente? Si può riconoscere uno stabilimento industriale collocato sul mare, che rilascia una non meglio definibile chiazza scura in acqua. Nonostante ciò, si può facilmente intuire che la macchia in questione non è sicuramente causata da sostanze che fanno bene alla salute.

Ho scelto questa foto satellitare perché spesso un'immagine comunica più di mille parole. È di oggi la notizia (vedere ad esempio l'ANSA o Repubblica) per cui, secondo uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità, la mortalità per esposizione ad inquinanti nella Terra dei Fuochi, a causa dei roghi delle discariche abusive, e a Taranto, luogo dell'impianto siderurgico dell'ILVA, è maggiore che nel resto d'Italia.

In particolare, nelle provincie di Napoli e Caserta essa, rispetto al resto della regione, è superiore del 10% per gli uomini e del 13% per le donne nei comuni in provincia di Napoli, mentre per quelli in provincia di Caserta del 4 e del 6%. A Taranto tale dato, nella fascia tra gli 0 e i 14 anni, è del 21% maggiore che in tutta la Puglia. D'altronde, come si può pensare che con emissioni come quella mostrata sopra la salute non possa risentirne...


Fermi un attimo, però: cosa ci fa Via Valmaura (indicata sulla mappa) a Taranto? Mi perdoneranno Zurota e la mia ragazza se ho spacciato la loro città, Trieste, per Taranto. Quella mostrata sopra infatti non è un'immagine del quartiere Tamburi, ma di Servola, rione del capoluogo del Friuli Venezia Giulia.

Se i dati sopra citati sono tragici, pensate a quest'ultima informazione: i morti per inquinamento a Trieste sono il doppio di quelli registrati a Taranto. Mi aspetterei quindi almeno la stessa attenzione per la sorte degli abitanti di Servola, Chiarbola e Valmaura. A livello nazionale invece essi non sono citati, a differenza della Terra dei Fuochi e della città pugliese. E se entrambi questi utlimi casi sono stati messi sotto silenzio per tanti anni, Trieste deve ancora subire tale condanna.

Le eccezioni ci sono: oltre al già citato articolo de Il Fatto Quotidiano, voglio ricordare questo pezzo di Adriano Sofri e, incredibile per chi mi conosce, questo filmato della trasmissione Le Iene, che in questo caso ha fatto un buon lavoro (a differenza ad esempio dei casi “Stamina" e "Dieta anti-tumore").

Immaginate però il risultato di un sondaggio in cui si chiede: "Dove si trova l'impianto siderurgico dei Lucchini?" Ben che vada, se l'interpellato/a si ricorda che l'ILVA è dei Riva, la risposta sarà un "Non lo so"; ritengo invece molto più probabile una replica del tipo "A Taranto".

Io non voglio dire che certe tragedie sono peggio delle altre: sono solo stufo che alcune siano considerate di Serie A, e altre invece no.