venerdì 2 agosto 2013

Berlusconi condannato per la (seconda) volta

In un mio tweet con tanto di errore grammaticale di qualche giorno fa avevo espresso un pronostico su cosa sarebbe successo dopo il 30 luglio, giorno dell'inizio della discussione in Cassazione sul processo Mediaset nei confronti di Berlusconi.


Beh, solo nei prossimi mesi si saprà se avrò avuto ragione o no, ma dopo la giornata di oggi si può affermare che Berlusconi è un pregiudicato, condannato definitivamente per frode fiscale. In realtà aveva già subito una condanna per falsa testimonianza (aveva dichiarato di non appartenere alla loggia P2), ma l'amnistia del 1990 aveva cancellato questa macchia.
Essendo ancora troppo presto per una seria analisi delle conseguenze di tale condanna, mi limiterò a un riepilogo dei fatti. Chiedo scusa sin d'ora a tutti coloro che hanno studiato o stanno studiando giurisprudenza per eventuali (e probabili) errori, e prego di segnalarli tramite un commento a questo post.
La sentenza era stata annunciata per un qualunque momento a partire dalle ore 17 di oggi (1 agosto 2013), per cui quando alle 19 non vi era ancora alcuna novità era corsa la voce che la Corte potesse essere per un rinvio del procedimento al Tribunale d'Appello, allungando i tempi e causando così la prescrizione del processo (che sarebbe scattata da settembre). Quando perciò i giudici hanno letto il seguente dispositivo della sentenza, lo shock è stato grande.


L'estratto sopra proposto è tratto dalla maratona televisiva di sei ore di Enrico Mentana (ma non torna mai a casa? E dire che sua moglie è una modella ex Miss Italia...). Cercherò di spiegare la sentenza a quelli che, come me, poco ne capiscono di diritto e di leggi.
Il tribunale in pratica conferma quasi tutta la sentenza dell'8 maggio scorso del Tribunale d'Appello, secondo cui Berlusconi, con false intermediazioni gonfiate su alcuni diritti televisivi, ha sottratto dalle casse di Mediaset (allora società quotata in borsa) soldi che sono finiti in fondi neri su cui poi non ha pagato le tasse (è bello, una volta tanto, poter usare l'indicativo e non il condizionale): l'unica parte rigettata è quella riguardo alla determinazione della durata della pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici. Infatti alcune tipologie di reato prevedono, oltre la detenzione, anche altre punizioni, dette appunto "pene accessorie", tra cui può figurare anche l'impossibilità di ricoprire incarichi in pubblici uffici (come ad esempio uno scranno in Senato). La Corte ha rilevato che, per la frode fiscale, tale interdizione può avere solo una durata compresa tra uno e tre anni, in base all'Art.12, comma 2, del Decreto Legislativo 74 del 2000, e rimanda quindi il procedimento al Tribunale d'Appello, ma per questa sola parte, affinché esso ridetermini il periodo d'interdizione dai pubblici uffici, precedentemente stabilito in cinque anni. Berlusconi risulta quindi condannato a quattro anni per frode fiscale, cioè per aver volutamente nascosto dei soldi al fisco italiano, per di più mentre ricopriva l'incarico di presidente del consiglio. Poiché tre anni di pena sono cancellati per l'ultimo indulto del 2006, resta un anno o da scontare agli arresti domiciliari o da commutare in lavori socialmente utili, ma non di sicuro in prigione, data la legge 251 ex-Cirielli del 2005 (approvata dalla maggioranza di centro-destra), che all'Art.7, comma 2, stabilisce che la pena non va scontata in carcere per gli ultrasettantenni, tranne che per casi speciali. Riguardo alla pena accessoria, essa non può andare in prescrizione, e quindi basteranno altri pochi mesi perché la decadenza di Berlusconi dal Senato diventi definitiva.
Alcuni, tra cui Travaglio, hanno ricordato che la legge 190 del 2012, la cosiddetta "Legge Severino" in materia di corruzione, imporrebbe al presidente del PDL di lasciare il proprio seggio già da ora, ma il suo stesso collega di giornale Peter Gomez ha ricordato come in questo caso valga il "favor rei" (letteralmente, "a favore del colpevole"), per il quale, tra le altre cose, nel caso in cui, dopo la commissione di un reato, subentri una normativa più severa a riguardo allora la condanna deve essere espressa sulla base della normativa meno severa: insomma, non vale la retroattività se l'imputato viene maggiormente danneggiato da essa.
Le reazioni? Si possono riassumere in tre dichiarazioni: quella di Epifani, che sembrerebbe chiudere ad ogni possibilità di salvare Berlusconi negando la concessione degli arresti,


e la dichiarazione di Stefàno, presidente della Giunta per le elezioni del Senato, secondo cui la decadenza di Berlusconi dal Senato può essere votata subito, non appena arriverà la notifica dal tribunale, mentre dall'altra parte si deve segnalare il video di risposta del condannato,


che promette battaglia, anche se a tratti sembra sinceramente abbattuto.
Due sole note, una di colore e l'altra destinata a chi in cuor suo sta esultando.
1) Ve lo immaginate Berlusconi ai lavori socialmente utili, tipo raccogliere le cartacce o le cacche dei cani nei parchi pubblici? Questo magari è improbabile, ma Previti ai suoi tempi dovette prestare servizio presso il CEIS di Castel Gandolfo, che tra le altre cose si occupa di tossicodipendenti.
2) Prima di esultare per la condanna di Berlusconi, si considerino le due seguenti cose. La prima è che il rinvio del calcolo dell'interdizione durerà ancora qualche mese, e potrebbe tardare l'esecuzione della sentenza: qualche mese, per carità, ma guarda caso così viene lasciato in pace il congresso del PD e l'attuale maggioranza di larghe intese ha il tempo per abbozzare una qualche reazione. Quale potrebbe essere questa risposta? Qui entra in gioco il secondo fattore, ossia Napolitano, che nel suo comunicato sulla condanna, oltre agli inviti a rispettare la magistratura, afferma: "Ritengo ed auspico che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l'esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all'amministrazione della giustizia, già efficacemente prospettati nella relazione del gruppo di lavoro da me istituito il 30 marzo scorso". Ma cosa consiglia tale gruppo di lavoro in materia di giustizia? Nella sua relazione finale, propone varie cosette devastanti, tra cui stretti limiti sui tempi d'indagine, l'utilizzo delle intercettazioni e l'inappellabilità delle assoluzioni in caso di reati lievi (paragrafo 24), e cosa voglia dire lievi non si sa, e l'istituzione di un secondo grado di giudizio per la condotta dei magistrati che deve essere tenuto da una Corte a maggioranza politica (1/3 dei membri eletti dal Parlamento, 1/3 eletto dal Presidente della Repubblica, paragrafo 28): insomma, la partita politica-giustizia non è ancora finita.

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