martedì 6 agosto 2013

Hiroshima, 68 anni

Il fungo atomico dell'esplosione di
Nagasaki, che raggiunse l'altezza di
14 km
Il 6 agosto del 1945 gli Stati Uniti, per forzare il Giappone alla resa, bombardarono la città di Hiroshima con una bomba nucleare, la prima delle uniche due esplosioni di tale tipo (la seconda avvenne tre giorni dopo a Nagasaki) verificatesi su obiettivi civili e non durante test nucleari.
È probabile che le conseguenze a lungo termine delle esposizioni alle radiazioni non fossero note a chi aveva progettato l'ordigno e a chi aveva deciso di sganciarlo. Sia gli oppositori come Einstein e Szilard, che inizialmente avevano incentivato la ricerca sul nucleare militare, sia i favorevoli come Von Neumann, che tanto mi fece disperare con i suoi teoremi di fisica quantistica all'università e che diede precise istruzioni ai militari su come sganciarla per massimizzare i danni, erano consapevoli solamente degli effetti simili, pur se maggiori, a quelli delle bombe "tradizionali": si pensi che Von Neumann, che dopo la guerra partecipò a numerosi test nucleari militari, morì di tumore alle ossa. A conferma di ciò, vi è il fatto che Enrico Fermi, altro grande fisico italiano, al primo test nucleare di Alamogordo, per valutare la potenza dell'esplosione restò sul posto non lontano dall'esplosione, riparato dietro a un muro, lanciò dei coriandoli in aria e misurò la distanza a cui volarono via, e non a caso anche lui morì giovane per un tumore allo stomaco.
Nonostante tutto ciò, o forse proprio perché non c'era consapevolezza completa delle conseguenze di una bomba atomica, non si sarebbe dovuto mai arrivare a un tale giorno, e la speranza, come recita il cenotafio del parco della pace di Hiroshima, è che un tale errore non avvenga più: possa la volontà di di pace, non la potenza militare di qualcuno, evitare una tale tragedia.

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