martedì 13 agosto 2013

C'è posto per la storia nelle scuole?

Il monumento ossario di Sant'Anna di Stazzema
L'alba del 12 agosto del 1944 la sedicesima divisione volontari delle Waffen SS di fanteria meccanizzata "Reichsführer", accompagnata da alcuni fascisti collaborazionisti che fecero da guide, entrò nel paese di Sant'Anna di Stazzema, in provincia di Lucca. Nelle abitazioni c'erano solo donne, anziani e bambini, sicuri che non sarebbero stati in alcun modo toccati dai militari tedeschi: gli uomini, temendo eventuali deportazioni, si erano rifugiati nei boschi. I soldati invece rastrellarono coloro che erano rimasti in paese, facendo 560 morti, di cui 130 bambini (la più giovane, Anna Pardini, era nata da soli venti giorni). 
Il tribunale militare di La Spezia nel 2005 condannò all'ergastolo per questo massacro 10 ex SS, sentenza divenuta definitiva con la ratifica della cassazione nel 2007. La procura di Stoccarda, invece, il primo ottobre archiviò l'inchiesta di strage nazista con il motivo che non era possibile accertare il ruolo di ogni singolo militare; inoltre, non si poteva sapere se la fucilazione dei civili fosse un atto premeditato: insomma, poiché non si sapeva quali individui avessero ucciso i 17 imputati, nessuno di loro fu condannato. Non è mio compito valutare la bontà della suddetta decisione, però lo trovo un grave atto di rimozione storica. Ed è appunto la cancellazione del passato, l'argomento principale di questo mio post.
Già in un mio precedente intervento lamentai la scarsa memoria storica del nostro paese, ma ora voglio cercare di discuterne una delle possibili cause: l'insegnamento della storia nelle nostre scuole, in particolare di quella degli ultimi cento anni. Le responsabilità sono le più varie possibili: le riduzioni sull'orario; le indicazioni nazionali per l'insegnamento di tale materia; la cattiva organizzazione nelle scuole, per cui l'insegnante spesso non riesce, tra gite scolastiche, feste e altre attività, a pianificare le lezioni; la conoscenza non sempre accurata dei fatti del ventesimo secolo e l'esigenza di una maggiore accortezza nel trattare gli eventi più recenti (si pensi alle polemiche sui militari italiani di El Alamein o alle proteste leghiste per la festa del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia); tutti ostacoli difficili da affrontare.
Eppure non è concepibile che nelle scuole superiori italiane sia un'eccezione positiva riuscire a trattare argomenti della seconda guerra mondiale, e che più spesso ci si fermi al primo conflitto mondiale, per di più trattandolo frettolosamente: come può qualcuno comprendere ciò che succede intorno a lui se non ha almeno una vaga idea dei fatti degli ultimi 50/100 anni? Secondo uno studio di De Mauro del 2008 nel nostro paese appena un quinto della popolazione ha gli strumenti di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi nella società contemporanea, e la nostra scuola al momento non riesce, per responsabilità che purtroppo sono da attribuire a tutti i livelli, a invertire la tendenza: basta guardare i pessimi risultati dell'Italia nei test internazionali del programma PISA (Programme for International Student Assessment, Programma Internazionale per la Valutazione degli Studenti) del 2003-2006 e del 2009, dove l'Italia risulta sistematicamente sotto la media dei paesi sviluppati e superiore solo a quelli in via di sviluppo. Più preoccupante poi è stata la reazione dei mondi politico e scolastico. Mentre in Germania è stata avviata una seria discussione che ha portato a dei cambiamenti nel mondo della scuola e una risalita di cinque posti nella graduatoria PISA dal 2003 al 2006, nello stesso arco di tempo insegnanti, ministero e politici italiani hanno solo saputo parlare di ottimizzazione delle risorse (= tagli indiscriminati, tradotto dal politichese) o di scarsa validità del test PISA, che presuppone una formazione di tipo nord europeo e non tiene conto delle peculiarità del sistema scolastico italiano.
In questo marasma l'ignoranza della storia del ventesimo storico è assolutamente coerente: che futuro può avere il nostro paese se le sue fondamenta, fatte di competenze, capacità di interpretare la realtà e conoscenza di quest'ultima, sono così scadenti?
Speriamo solo che non si arrivi alla situazione descritta da Caparezza nella canzone del video qui sottostante, con cui prendo congedo da voi lettori: alla prossima.

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